La vendita di edifici costruiti senza rispettare il titolo edilizio concesso dall’Autorità.

in Abusi Edilizi

Una annosa e prolungata diatriba ha visto opporsi due correnti giurisprudenziali sulla valutazione di una specifica fattispecie di vendita avente ad oggetto i beni immobili. Il punto sul quale si sono divisi i Supremi Giudici della Corte di Cassazione è la validità di un contratto di compravendita avente ad oggetto un immobile che è stato costruito non rispettando il titolo edilizio che ne legittimava la costruzione. In altre parole, si sta parlando di un abuso edilizio parziale, un discostamento dai confronti del titolo che autorizzava il costruttore a realizzare il bene, nei limiti, però, previsti nello stesso permesso.

Gli orientamenti sorti erano sostanzialmente due.

Una prima e più risalente giurisprudenza sosteneva che il suddetto contratto dovesse essere ritenuto valido in presenza di un titolo edilizio, i cui estremi dovevano essere riportati nella stessa compravendita, anche se poi l’edificio fosse stato costruito con modifiche rispetto al relativo permesso. I giudici ritenevano ininfluente la portata della difformità rispetto all’atto ottenuto dall’Autorità: anche in caso di “variazioni essenziali” il permesso di realizzazione dell’opera esisteva, quindi si poteva trattare unicamente di “nullità formale” che non può essere arbitrariamente convertita in “difformità reale”.

Un secondo orientamento, tuttavia, consolidatosi maggiormente negli ultimi anni rispetto al primo, era di parere opposto. Tali giudici ritennero che la “nullità sostanziale” non dovesse considerarsi tale solo se l’immobile compravenduto fosse totalmente sprovvisto di idoneo titolo edilizio, ma anche in caso di totale difformità rispetto ad esso e persino in occasione di variazioni essenziali che lo discostassero dall’autorizzazione edilizia ottenuta. Tale orientamento, evidentemente, tendeva ad espandere il concetto di “nullità sostanziale”, applicandolo latu sensu.

A dirimere tale contrasto giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni Unite con la sentenza 8230/2019, le quali hanno disposto che: «Il contratto di compravendita è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato».

I giudici, procedendo con il loro ragionamento, motivano che non può ritenersi tale decisione “incoraggiante” l’abusivismo edilizio. I casi di abusivismo più gravi (quelli nei quali un edificio compravenduto viene costruito senza i relativi permessi) continuano a causare la nullità del susseguente contratto di compravendita. Se si prevedesse la nullità anche per i contratti relativi alla compravendita nei casi di abusivismo “minore”, tuttavia, si rischierebbe di provocare notevole incertezza nella prassi laddove i giudici sarebbero chiamati a qualificare la portata della difformità dal titolo edilizio originalmente concesso. In altre parole sorgerebbero evidenti difficoltà nei tribunali chiamati a decidere quando una difformità possa dirsi “essenziale” e quando “minore”.

Inoltre, rimedi contro l’abusivismo edilizio già esistono nel nostro ordinamento anche escludendo la nullità della vendita di edifici costruiti in difformità ai permessi ottenuti: sanzioni amministrative pecuniarie, demolizioni, rimessa in pristino. Tali rimedi sono concedibili senza limiti temporali. L’ignaro acquirente avrà poi diritto ad altri rimedi previsti già nel nostro Codice civile quali, per esempio, l’abbassamento del prezzo, la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.