C’è l’arresto per il possesso di animali rumorosi in un condominio.

in Diritto Penale

L’art. 1138 c.c. che prevede l’obbligo per i condomini che contino più di 10 inquilini di dotarsi di un regolamento volto a normare l’uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese, la tutela del decoro e la sua amministrazione. Al comma 5, l’ultimo aggiunto dalla L. 220/2012, prevede, inoltre, che: “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.

Nonostante tale normativa, la Corte di Cassazione sembra protendere decisamente più alla tutela della quiete pubblica e del riposo degli altri condomini, se questa viene messa a repentaglio dai suddetti animali domestici. Questa almeno sembra la giurisprudenza maggioritaria considerando la sentenza n 41601/2019.

La Corte Suprema era intervenuta in un caso in cui un condomino teneva, nel cortile di sua esclusiva proprietà, ma interno alle mura condominiali, 2 galli e 3 galline, che si rivelavano, soprattutto nelle ora notturne piuttosto rumorose. D’altronde l’ultimo comma dell’art. 1138 c.c. non specifica cosa debba intendersi per “animali domestici”, e lo stesso tipo di problema, comunque, si può facilmente configurare con qualunque volatile da voliera (come i pappagalli, le cocorite e altri) molto diffusi nelle nostre abitazioni.

Il condomino proprietario dei galli e delle galline era ricorso davanti alla Cassazione dopo essere stato condannato a 20 giorni di arresto ai sensi dell’art. 659 c.p., ovvero per il reato di disturbo alle occupazioni e al riposo dei vicini. La linea difensiva del suddetto condomino, che non era mai intervenuto in conseguenza alle segnalazioni ricevute, si basava sul fatto che nessun accertamento tecnico volto a stabilire se vi fosse stato un superamento della soglia di normale tollerabilità del rumore era stato eseguito.

Tuttavia, la Corte ha fermamente respinto tali opposizioni: da alcune registrazioni fornite dagli altri condomini, infatti, emergeva che i galli cantavano per circa 5 o 6 minuti ogni 20-30 minuti, per tutta la durata della notte, rendendo palese il superamento della normale tollerabilità del rumore da queste provocate.

In definitiva e in via generale, la Corte Suprema ha affermato che la condotta di chi, proprietario di animali, non ne impedisce gli strepiti o i relativi rumori o agisce ma non a sufficienza per contenerli, integra la contravvenzione sotto il profilo oggettivo ed è responsabile non tanto per colpa ma piuttosto per dolo eventuale.