Differenza tra fonte normativa e fonte regolamentare

Nello svolgimento delle aste giudiziarie attraverso lo strumento telematico si pone il problema di comprendere quale sia la disciplina applicabile nel caso in cui uno degli offerenti, pur avendo versato il deposito cauzionale e presentato l’offerta, non possa partecipare all’asta non avendo ricevuto le credenziali di accesso da parte del sistema.

L’istituto delle aste giudiziarie è volto alla vendita forzata di beni mobili o immobili ed è attuato ogni qual volta una persona fisica o giuridica sia gravata da debiti insoluti. Suddetto istituto a oggi viene realizzato attraverso lo strumento telematico, domanda e offerta infatti si incontrano online. Ai sensi dell’art. 569 c.p.c le vendite telematiche devono svolgersi nel rispetto della normativa regolamentare di cui all’art. 161 ter delle disposizioni di attuazione del presente codice, il quale dispone che “il Ministero della Giustizia stabilisce con proprio decreto le regole tecnico operative per lo svolgimento della vendita dei beni mobili e immobili, mediante gara telematica … nel rispetto dei principi di competitività, trasparenza, semplificazione, efficacia, sicurezza, esattezza e regolarità delle vendite telematiche”.

Il decreto del Ministero della Giustizia, richiamato nell’articolo sopra citato, a sua volta, contiene un ulteriore rinvio alle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero, rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero.

Nelle specifiche tecniche si dispone che il file contenente l’offerta telematica debba avere un’estensione “zip.p7m” e che qualora l’offerta avesse un’estensione diversa, il file non sarebbe accettato dal sistema escludendo, così, l’offerente dalla gara. A pagina 3 del manuale, infatti, si legge che “per la compilazione dell’offerta si raccomanda di non tentare di aprire il file contenente l’offerta e restituito dal sistema, pena l’alterazione dello stesso e l’invalidazione dell’offerta”.

Tale clausola di invalidazione dell’offerta e dunque di esclusione dell’offerente dalla gara parrebbe però essere illegittima in quanto si scontrerebbe con l’art. 572, III comma c.p.c. che individua le ipotesi di inefficacia dell’offerta attraverso un elenco tassativo nel quale non rientra l’ipotesi descritta a pagina 3 del manuale tecnico. Inoltre, l’art. 572, comma I c.p.c. riserva al giudice delle esecuzioni e al professionista delegato per le operazioni di vendita la competenza deliberativa sulle offerte pervenute.

Tale quadro normativo porta a concludere che un meccanismo di esclusione automatica dell’offerta ad opera dell’infrastruttura tecnica, come quello che deriverebbe da un’estensione diversa del file dovuta all’apertura dello stesso, non sia in linea con la disciplina normativa prevista nel codice di procedura civile e, pertanto, sia illegittima poiché posta in violazione della fonte primaria.

Ancora, è importante dare rilievo al fatto che il software predisposto dal Ministero per la compilazione dell’offerta di acquisto non segnali all’offerente o al presentatore, qualora sia diverso dall’offerente, la difformità della domanda rispetto alle specifiche tecniche. Quindi, qualora l’offerta abbia un’estensione diversa rispetto a quella prevista dal sistema (zip,p7m), non viene segnalato in nessun modo al soggetto interessato, non permettendo a quest’ultimo di porre rimedio all’errore. Questo, da ultimo, rende l’esclusione operata dal Ministero contraria ai principi di competitività, trasparenza, efficacia, sicurezza, esattezza e regolarità delle vendite telematiche, previsti nell’art. 161 ter c.p.c. e a cui la fonte regolamentare deve uniformarsi e, perciò confermerebbe l’illegittimità della stessa.