Il giudice non può prescrivere un percorso di psicoterapia ad un genitore in crisi con i figli.

in Diritto di Famiglia

La corte di Cassazione si era già espressa su questo punto, che, ad oggi può dirsi stabilmente avvalorato da univoca giurisprudenza.

I giudici, infatti, hanno sempre ritenuto che inscrivere in una sentenza la necessità di seguire percorsi di cura psicologica durante una crisi famigliare, contrasta con l’articolo 13 e 32 della Costituzione. I due articoli, nello specifico, prevedono: all’art 13 “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.” e all’art 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”

Nello specifico, i giudici ritengono che se fosse riconosciuto ai tribunali il potere di comminare obblighi nei confronti di un genitore ad essere seguito da uno psicologo, psichiatra, psicoterapeuta, o da altra analoga figura, sarebbe violato il principio di tassatività della sanzione e quello di libertà di sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario.

A confermare tale costante indirizzo giurisprudenziale, è intervenuta nuovamente la Cassazione con l’ordinanza 18222/2019, che ha cassato e rinviato alla Corte di appello di Perugia il decreto con cui il giudice di secondo grado aveva confermato il provvedimento del tribunale.

Nello specifico il tribunale si era “limitato” a consigliare a titolo di “invito giudiziale alla ricorrente” (con una formula del tutto originale e assolutamente desueta) ad intraprendere un percorso psicoterapeutico volto al superamento delle criticità emerse nel rapporto madre-figlia.

Nonostante l’invito del tutto non vincolante espresso dalla Corte di Appello, i Giudici Supremi hanno ugualmente constatato una violazione al diritto di autodeterminazione alla cura della propria salute, cassando la sentenza e rinviandola ad altra sezione della Corte di appello di Perugia.

Il diritto all’autodeterminazione della cura della propria salute non può essere minata da nessuna condizionamento di sorta. Al contrario, il Giudice può ben imporre al minore di seguire legittimi percorsi di terapeutici, volti alla sua tutela; alla stessa soluzione non si può però pervenire nei confronti di un adulto, in quanto ritenuto dal nostro ordinamento oramai capace di autodeterminarsi.