Quando la gelosia diventa maltrattamento penalmente perseguibile.

in Diritto di Famiglia

I comportamenti e gli atteggiamenti gelosi si posizionano spesso in una situazione intermedia tra i comportamenti leciti e quelli che invece sono penalmente perseguibili in quanto configurano reati tipizzati dal legislatore, primo tra tutti, quello di maltrattamento in famiglia.

In concreto il problema è individuare il confine tra un atteggiamento “sano e medio” di gelosia, e una gelosia che invece genera comportamenti maniacali che possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 del nostro codice penale.

A intervenire in materia è stata la Cassazione che si è espressa sull’argomento con la sentenza n. 32781/2019. La Corte ha stabilito che “Anche comportamenti fisicamente non violenti, che si arrestano alla soglia della minaccia, possono essere penalmente rilevanti ai fini del reato di maltrattamenti in famiglia se si collocano in una più ampia e unitaria condotta abituale idonea a imporre alla vittima un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile”.

Nel caso di specie, il coniuge teneva nei confronti della moglie atteggiamenti indagatori che potevano essere interpretati come oppressivi dalla moglie. L’uomo la sottoponeva a lunghi interrogatori, anche notturni, per conoscere le sue frequentazioni, le controllava il segnale GPS sul cellulare per seguirne gli spostamenti, richiedeva video-chiamate a verifica delle sue asserzioni, pretendeva persino di controllare le operazioni di igiene intima della donna; tutto ciò anche in presenza delle figlie minorenni.

A testimonianza di quanto sia opinabile il limite tra atteggiamenti legittimi di un consorte geloso nei confronti dell’altro e atteggiamenti maniacali-delittuosi basti pensare che in primo e in secondo grado i giudici di merito in suddette condotte non hanno rilevato alcun comportamento passibile di sanzioni panali.

In accoglimento del ricorso del PM tuttavia, la Suprema Corte ha stabilito che non è tanto la gravità delle condotte a integrare il reato di maltrattamenti famigliari, quanto piuttosto l’abitualità e ricorrenza delle condotte vessatorie, siano queste anche di carattere non fisico/violento, ma di bassa tensione continuativa, che non possono che avere ricadute sul benessere psicofisico nella vita della vittima.

Atteggiamenti che isolatamente potrebbero essere considerati legittima manifestazione di lecita gelosia, se ricorrenti, continui e ripetitivi non possono che integrare reato, anche in considerazione della lesività dal diritto alla privacy della vittima, oltre che alla prevaricazione psicologica e, indirettamente anche fisica, della stessa.