Furto nella cassetta di sicurezza bancaria, come si prova il quantum in esso contenuto?

in Fisco e diritto tributario

Le cassette di sicurezza sono un utile rimedio per la conservazione di preziosi. Solitamente queste sono istallate in caveaux blindati all’interno degli istituti di credito, e, previo il pagamento relativo allo loro locazione, garantiscono misure di sicurezza più elevate rispetto a quelle che può garantirsi il singolo privato, anche utilizzando le più moderne cassaforti.
Ma cosa accadrebbe se queste venissero violate? A risponderne è sicuramente la Banca e la sua relativa assicurazione. Nella prassi, infatti, si applica l’istituto della custodia, ai sensi degli artt. 1768 c.c. e ss. E 1228. Quest’ultimo deve essere indagato con grande rigore, trattandosi di un deposito a pagamento. La banca, quindi ne risponde se risulta responsabile per non aver garantito idonei mezzi a prevenire il furto.
Il caso fortuito, che in teoria la libererebbe da qualsiasi responsabilità, nella prassi giurisprudenziale non viene mai riconosciuto in caso di furto con scasso, in quanto sempre può riconoscersi una responsabilità nell’istituto di credito individuando un deficit del suo sistema di sicurezza, per giunta, l’istituto di credito è pagato per garantire l’inviolabilità di tali cassette. Ma il vero problema non è se la Banca sia o meno responsabile per il furto e se debba risarcire, poiché, come abbiamo già detto, il problema è già stato ampiamente superato, ma quanto debba risarcire.
Il contenuto di ciascuna cassetta, infatti, è riservato e quindi conosciuto solo dal cassettista. Allora come si può quantificarlo?
Un orientamento giurisprudenziale sempre più consolidato (vedersi, per esempio, la recentissima sentenza del Tribunale di Torino, emessa il 29.07.2019) ha ritenuto siano sufficienti elementi presuntivi.
Devono considerarsi: la prontezza della denuncia con specifica elencazione dei beni sottratti, le fotografie della famiglia, il reddito della stessa, testimonianze di conoscenti… Il Tribunale di Torino ha così ritenuto possibile che nella cassetta ci fossero contanti e preziosi per i quali il cliente derubato è stato risarcito sia per il danno patrimoniale che per quello non patrimoniale (legato alla scomparsa degli antichi monili di famiglia).
Il calcolo del risarcimento è derivato da una perizia compiuta da tecnici sulle fotografie della vittima del furto.
Al di là del caso concreto, in senso generale è possibile assumere che per dare prova diretta dell’esistenza e del valore degli oggetti contenuti nelle cassette, cioè la somma dovuta dalla banca a titolo di risarcimento, si possono utilizzare circostanze presuntive.