La disciplina 2014/23/UE costituisce di certo la novità più rilevante nell’ambito del sistema introdotto dalle tre direttive sui contratti pubblici. Essa rappresenta la prima iniziativa dell’Unione tesa a disciplina una species di partenariato pubblico-privato, considerato che negli anni precedenti le Istituzioni europee si erano concentrate prevalentemente sulla definizione dei caratteri degli appalti, recependo un decennio di giurisprudenza e dibattiti europei e nazionali.
La direttiva 2014/23/UE si muove con il dichiarato intendo di creare un quadro giuridico idoneo, equilibrato, ma anche sufficientemente flessibile, tale da facilitare la più ampia diffusione dell’istituto concessorio, una volta acquisita la consapevolezza che i contratti di concessione rappresentano importanti strumenti nello sviluppo strutturale a lungo termine di infrastrutture e servizi strategici, in quanto concorrono al miglioramento dei livelli di concorrenza nel mercato interno, consentendo di beneficiarie delle competenze del settore privato e contribuendo a conseguire innovazione ed efficienza anche nell’uso dei fondi pubblici.
A differenza della pregressa definizione per differentiam proposta dalle direttive del 2004, la nuova direttiva 2014/23/UE, allo scopo di precisare il proprio ambito di applicazione, fornisce una definizione di concessioni di lavori e servizi autonoma ossia svincolata dalla definizione 10 che viene data al contratto di appalto. Così, l’art. 5, c. 1, lett. b), definisce la “concessione di servizi” come un “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire il servizio oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.