Amanti degli animali o meno, la prima battuta che viene alla mente è quella più definitiva e crudele.
Ma visto che siamo un paese civile, e che uccidere animali è un crimine, giustamente perseguito dalla legge, vediamo quali sono le tutele che il nostro ordinamento ci offre.
Può essere il cane del dirimpettaio in condominio, che, magari lasciato a casa tutto il giorno, piange e gratta la porta, o in campagna, un cane della villa vicina che abbaia ad ogni cosa che si muova. Qualunque sia il contesto è innegabilmente un fastidio.
Vediamo, dunque le tutele predisposte dal nostro legislatore.
Innanzitutto c’è da dire che tutti i rumori, abbaii compresi, per esserne imposta l’interruzione ed eventualmente procedere verso un risarcimento dei danni, devono superare la così detta soglia di tollerabilità (art. 844 c.c.). Questa non è quantificata dal nostro legislatore con il numero di decibel consentiti. Il motivo è molto semplicemente spiegabile. Un soggetto che acquista un appartamento in centro Milano, non potrà lamentare il rumore derivato dal traffico. Al contrario, in una villetta in campagna, abituata al silenzio, il rumore intollerabile può essere meno intenso. Un clacson suonato in centro città, una marmitta, il chiasso derivato dalla movida, per esempio, sono tollerabili in un centro città, previsti quasi al momento dell’acquisto dell’immobile. La stessa soglia, invece è intollerabile in una zona più periferica, ove si è abituati al silenzio.
Premesso ciò, come si calcola se, nel caso concreto, il rumore è tollerabile, in considerazione, come detto, del contesto, o non lo è?
La giurisprudenza e la dottrina, per rispondere alla questione, hanno da tempo inserito il così detto “criterio comparativo”, ovvero considerare il rumore medio di un determinato spazio ad una determinata ora e andarne a misurarne l’incremento, anche con mezzi tecnologici, spesso attraverso una consulenza tecnica. Il rumore si ritiene intollerabile, premettendo i suesposti discorsi, quando supera mediamente i 3 decibel.
Se questa soglia viene superata, e ne è accertato il superamento, il giudice condannerà il responsabile a far cessare i rumori e a risarcire eventuali danni provocati (come quello biologico da perdita di sonno, per esempio).
Se la persona che subisce il rumore del cane, come abbai, ululati o latrati, non è una sola, quella che agisce contro il proprietario dell’animale, ma sono una collettività (si pensi ad un condominio o ad un quartiere) in tal caso può scattare il provvedimento penale. Il primo passo si fa con un esposto ai carabinieri, denunciando il proprietario dell’animale rumoroso per il reato di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” (art. 569 c.p.).