Buche sul manto stradale, quando deve risponderne il Comune.

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La responsabilità del Comune quale custode della strada è sempre stata riconosciuta dalla maggioritaria giurisprudenza in seguito a cadute, collisioni, incidenti e simili che siano causati ad utenti durante il transito di un tratto stradale sconnesso, deformato, danneggiato o caratterizzato dalla presenza di una buca.

L’articolo del codice civile applicato dai giudici nei casi analoghi alla materia trattata nel presente scritto è il 2051, intitolato “danno cagionato da cosa in custodia”. Nello specifico le strade, custodite e manutenute dal Comune, in caso di loro danneggiamento, devono essere da questo celermente ripristinate, al fine di garantire all’utenza la percorrenza delle stesse in uno stato di totale sicurezza. L’unico modo per evitare tale responsabilità in capo all’ente è quello che quest’ultimo riesca a provare la presenza di un caso fortuito tale da interrompere il nesso causale che lega la sua mala gestio al danno riportato dal cittadino. Nel tempo la giurisprudenza, tuttavia, ha interpretato in maniera sempre più estesa tale definizione. Se in passato il così detto “caso fortuito” era paragonabile ad una probatio diabolica, tanto era difficile da dimostrare, nel tempo i giudici si sono dimostrati sempre più elastici e comprensivi rispetto alle richieste degli enti locali custodi del manto stradale.

Così, per esempio, i giudici hanno cominciato a distinguere le buche profonde da quelle modeste, quelle visibili chiaramente da quelle poco illuminate, quelle vicine a casa (quindi conosciute poiché situate su strade percorse più volte al giorno) piuttosto che quelle lontane, l’età e la conseguente agilità del pedone coinvolto, escludendo la responsabilità del Comune in considerazione del grado di responsabilità del danneggiato.

La giurisprudenza maggioritaria, fino al decennio scorso, era solita riconoscere la non responsabilità dell’ente locale solo in caso di situazione di pericolo improvviso e non conosciuto né conoscibile. Erano i casi delle buche generate da eventi atmosferici improvvisi, o per cadute di detriti repentini sulla strada.

Oggi, come abbiamo anticipato, la giurisprudenza è molto più attenta al caso di specie prima di condannare l’Autorità ad un risarcimento danni. La Corte di appello di Milano con sentenza 527/2017, per esempio, ha riconosciuto come non dovuto il risarcimento da parte del Comune ad una signora che era caduta in una buca di 5 cm situata vicino alla sua vettura parcheggiata, in quanto, a detta dei giudici, essendo situata distante, ed avendo scelto la signora quel determinato parcheggio, che fiancheggiava la buca, quest’ultima non avrebbe potuto non vederla. In questi casi nei quali la responsabilità è interamente ascrivibile al danneggiato, il nesso tra la mancanza di diligente manutenzione del Comune nei confronti della strada e il danno patito è interrotto, in quanto interamente ascrivibile al danneggiato stesso, con la conseguenza che al Comune non può essere imposto alcun risarcimento.

Attenzione anche alle prove a sostegno dell’imputabilità del proprio incidente ad un danneggiamento della strada. La Cassazione con sentenza 28665/2017, ha infatti disposto non è sufficiente la mera foto della buca ritenuta responsabile della caduta per l’imputazione dell’incidente al Comune, è necessaria che questa abbia una data certa, serve un adeguata refertazione rilasciata al personale del pronto soccorso in caso di ricovero (che espliciti luogo e ora dell’infortunio, oltre alla dinamica), è meglio essere suffragati da testimonianze…

In definitiva, ad oggi, la caduta a causa del dissesto della strada pubblica non basta, in sé e per sé, alla comminazione di un risarcimento al danneggiato. Attenzione quindi a tenere una seria e il più completa possibile fase istruttoria anche per questo tipo di incidenti, senza cadere nel pericolo di ritenerli banali.