Gridare “Ti ammazzo!” costituisce reato, ma…

in Diritto Penale

In ogni bisticciata che possa chiamarsi tale, almeno uno dei due protagonisti, solitamente, alza il tiro, partendo così facili insulti o vaghe minacce che quasi mai preavvisano una minima progettazione della messa in atto della stessa.

Nonostante ciò, queste minacce sono idonee a configurare uno stato d’ansia duraturo in capo alla persona oggetto delle stesse, tal volta anche durevole, ed è per questo che esiste una fattispecie che persegue penalmente tali condotte. Stiamo parlando dell’art 612 c.p., che così prescrive: “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno. Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339.” Tra le minacce idonee a configurare tale reato, sicuramente, troviamo locuzioni quali “T’ammazzo”, “Te la faccio pagare” “Ti distruggo” e simili.

Per quanto attiene alla perseguibilità penale delle stesse tuttavia, ci sono importanti novità.

Infatti, il governo Renzi, con l’obiettivo di ridurre i procedimenti penali e l’afflusso nelle già sovraffolate carceri, soprattutto per le pene brevi, ha varato nel 2015 il D.Lgs 28, che tra le altre cose ha introdotto l’istituto dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, inserendo nel nostro codice penale l’art. 131-bis, che di fatto prevede l’esclusione della punibilità laddove il reato sia previsto nella pena edittale massima a 5 anni ovvero dia origine a una pena pecuniaria, laddove il comportamento del reo non risulti abituale.

Come abbiamo visto il reato di minaccia prevede una pena edittale inferiore ai 5 anni, e quindi, di fatto, quei procedimenti, che prendono origine con la querela proposta alle Forze dell’Ordine, saranno inevitabilmente archiviati, o, comunque, si concluderanno in un nulla di fatto dal punto di vista penale.

Rimane il discorso civile, laddove, se da tale minaccia è derivato un danno ingiusto, il danneggiante è obbliga a risarcire il danneggiato, la così detta responsabilità extracontrattuale prevista ai sensi dell’art. 2043 c.c..

In questo caso il minacciato dovrà citare direttamente in tribunale il minacciante, dovrà provare e, cosa ancor più difficile, quantificare il danno che ha subito con la minaccia, senza passare per le Forze dell’Ordine e le altre garanzie proprie della procedura penale, dovendosi sobbarcare tutti gli oneri processuali e istruttori.