La validità della fattura in ambito probatorio è da diverso tempo dibattuta in giurisprudenza. Una Recente ordinanza della Cassazione sembra aver messo un punto fermo sulla diatriba.
Il caso di specie riguardava un Decreto ingiuntivo ottenuto a vantaggio di un’impresa che si occupa di vendita di materiali di ricambio, nei confronti di un cliente, rivenditore al dettaglio.
Quest’ultimo proponeva opposizione sostenendo che il contratto con il quale era stata accettata la merce non era un contratto di compravendita bensì di mero deposito.
Il Tribunale adito dava invece ragione all’attore, ritenendo che le fatture da questo dedotte, sulla base delle quali era stato emanato il decreto ingiuntivo successivamente opposto, anche perché sottoscritte dall’opponente, dimostravano la natura commerciale del negozio.
In secondo grado, tuttavia, la decisione del giudice viene ribaltata. I giudici della Corte di appello di Venezia, sentenziavano che la fattura non prova di per sè il credito a cui è riferita, anche nel caso in cui sia annotata sui libri contabili. Infatti, le fatture commerciali avrebbero il compito di far risultare documentalmente gli elementi relativi ad un contratto già giunto alla fase dell’esecuzione, quindi non possono provare i contenuti del medesimo contratto ma solo fornire meri indizi dello stesso, ove sia contestato da controparte. Infine la sottoscrizione dell’opponente non avrebbe alcuna valenza giuridica, in quanto apposta da un magazziniere al solo scopo di confermare la corrispondenza tra materiali consegnati e quelli elencati nella fattura. La corte d’appello, in definitiva accoglieva l’opposizione e rigettava la richiesta di pagamento formulata con domanda monitoria dalla parte attrice nel giudizio di primo grado.
Si arrivava così dinnanzi alla Corte di Cassazione. Quest’ultima accoglieva i motivi di impugnazione del ricorrente e riteneva che il giudice di secondo grado non avesse tenuto conto del fatto che la fattura commerciale abbia efficacia probatoria piena nei confronti di entrambe le parti. I Supremi Giudici così dichiaravano “La fattura commerciale costituisce piena prova dell’esistenza di un corrispondente contratto tra le parti, ove accettata, anche tacitamente, dal contraente destinatario della prestazione che ne costituisce oggetto. ” (Cass. Civ., sez. II, n. 26801/2019).
Gli ermellini, infatti, hanno sottolineato che la fattura, ovvero la scrittura avente lo scopo di riflettere le vicende giuridiche dell’impresa, deve essere conservata dall’esercente ex art. 2214 secondo comma c.c. Gli articoli 2709 e 2710, dispongono che le scritture contabili, tra le quali rientrano anche le fatture, come abbiamo visto, possono fare piena prova contro ovvero a favore dell’imprenditore che le ha prodotte.
La giurisprudenza univoca sul punto è giunta a ritenere che la fattura, in seguito alla sua accettazione, ha efficacia non solo nei confronti dell’emittente, ma anche nei confronti dei destinatari (Cass. civ., sez. II, 19 Luglio 2011, n. 15832; Cass. civ. sez. I, 19 Febbraio 2010, n. 3990; Cass. civ., sez. II, 7 Agosto 1990, n. 7976).
L’accettazione, infine, non è sancita da alcuna forma sacramentale (non necessita, per esempio, della sottoscrizione della controparte) ma si può anche desumere per facta concludentia (Cass. civ. sez. II, 10860/2007).
A conclusione di quanto detto è possibile rilevare come i Giudici di legittimità, con l’ordinanza in esame, abbiano affermato il principio di diritto della piena efficacia probatoria della fattura commerciale, accettata dal destinatario, circa l’esistenza di un corrispondente contratto.