Come tutti i professionisti iscritti in specifici albi, anche gli avvocati hanno un codice deontologico che debbono rispettare.
Il codice deontologico nasce con lo scopo di regolare principalmente i rapporti tra professionisti, ma in ambito legale un punto di eguale importanza è il rapporto intercorrente tra un avvocato e la controparte.
In linea generale i rapporti con la controparte devono essere ispirati a doveri di dignità, probità, decoro, lealtà e correttezza. Inoltre, con la controparte che si conoscere essere assistita da un legale, è vietato mettersi in contatto diretto, essendo sempre necessario rivolgersi al collega legale rappresentante ( art. 41 C.d.F.). Come esplica lo stesso articolo al comma 4, il legale può indirizzare richieste scritte direttamente a controparte (salvo inviarne copia al collega) per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze.
Inoltre, i pagamenti possono che essere richiesti alla controparte solo se da effettuarsi direttamente all’assistito, e non al legale scrivente (salvo l’inadempimento del pagamento compiuto dall’assistito o la sussistenza di precedenti specifici accordi scritti) ex art 67 C.d.F.
Il confine tra comunicazioni lecite e illecite alla controparte è molto sottile, e rischia di esporre il legale a conseguenze in attinenza non solo alla responsabili disciplinare, ma anche risarcitoria ex art. 2043 c.c.
In questo senso si è espressa anche la dottrina (PERFETTI), che ha ritenuto essere ingiusta la condotta del legale che prospetti alla controparte un danno derivante da una situazione giuridica soggettiva meritevole di protezione, come per esempio la proprietà o una libera negoziazione tra le parti, se il bilanciamento dei valori è effettuato dalla norma deontologica, esprimendo l’equilibrio tra il diritto egoista e le ragioni di solidarietà sociale.
Proprio questo risulta essere il punto fondamentale. L’avvocato è sì il legale rappresentante degli interessi del suo assistito, ma non può considerarsi svincolato da ogni tipo di solidarietà sociale, né può assecondare le richieste del suo cliente se queste si rivelato non fondate su basi giuridiche, soprattutto se volte a generare pressioni sulla controparte .
A tal proposito interfacciarsi con un collega toglie l’avvocato dall’equivocabile posizione di chi faccia pressioni sulla controparte.
Le sanzioni disciplinari previste dal codice deontologico vanno dall’avvertimento alla censure, e, per i casi più gravi persino alla sospensione dell’esercizio dell’attività professionale non superiore ad un anno.