Demenza senile e amministrazione di sostegno: quando intervenire?

in Volontaria Giurisdizione

Abbiamo già analizzato in precedenti articoli l’istituto dell’amministratore di sostegno quale figura fondamentale nel nostro sistema giuridico per tutelare e rappresentare, in maniera vasta e flessibile, gli interessi delle persone non più capaci di provvedere a se stesse.

D’altronde lo Studio Legale Sottocasa vanta un’esperienza ultra-ventennale nella materia.

La procedura per la richiesta e i criteri di scelta tra amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione li abbiamo già illustrati in precedenti articoli, tant’è che invitiamo il gentile lettore interessato a consultare la categoria “Giurisdizione Volontaria”, presente sul sito dello Studio Legale. Con il presente articolo, tuttavia, vogliamo concentrarci su un aspetto molte volte sottovalutato che, tuttavia, riveste un ruolo fondamentale per chi richiedesse la procedura, ovvero quando fare la domanda. In altra parole, in presenza di quali requisiti il giudice tutelare dovrà riconoscere il bisogno di affidare il soggetto per il quale è stata esposta richiesta, alle cure di un tutore o, come sempre più spesso accade, di un amministratore di sostegno?

I casi tipici sono quelli che prevedono soggetti affetti da tossicodipendenza, alcolismo, disabili o anziani. Gli anziani, anche in considerazione dell’avanzata età media della popolazione italiana, sono tra i soggetti maggiormente ritenuti meritevoli dell’amministrazione di sostegno. Ma quali sono gli elementi sui quali il giudice fonda la sua decisione di affiancare al soggetto un amministratore? Quale risulta essere il discrimen tra un anziano indipendente e capace di badare da sé ai suoi beni, ed un soggetto, riprendendo i termini usati dal nostro codice civile, menomato psicologicamente, anche solo parzialmente o temporaneamente, impossibilitato a provvedere ai propri interessi?

Ovviamente sarà una decisione nel merito, e quindi riservata all’apprezzamento del competente giudice tutelare. Noi qui vogliamo, invece fornire un ausilio ai tantissimi cittadini che sono figli di soggetti che cominciano ad avere problemi cognitivi, di memoria, di gestione economica, affinché questi possano sapere quando è il momento di proporre istanza e avviare la procedura per la tutela del caro in difficoltà (e del suo patrimonio).

Secondo gli ultimi dati (Dilei.it 2017) in Italia ci sarebbero 1,2 milioni di persone affette da demenza senile, pari ad una persona su dieci che abbia superato i 65 anni di età, circa 4 su cento sarebbero affetti da Alzhaimer, una delle forme più spietata di demenza senile.

Vediamoli allora i primi campanelli d’allarme, che non andrebbero mai sottovalutati. Tra i più noti troviamo i vuoti nella memoria a breve termine, tali che, ad esempio, il soggetto può dimenticarsi di aver stretto accordi o di aver lasciato beni di sua proprietà incustoditi. Spesso a ciò si aggiunge una forte paranoia, che porta i malati a identificare i responsabili dei loro vuoti in soggetti terzi inverosimilmente responsabili delle proprie dimenticanze, ladri soprattutto.

Problemi sorgono anche nella loro capacità di orientamento, sia nello spazio che nel tempo (dov’è la farmacia? Quando ci sono stato l’ultima volta?). Spesso si può notare l’insorgenza di regresso in operazioni manuali che in precedenza erano usuali nel soggetto, come interagire con il telecomando, piuttosto che il pagamento delle bollette. La mancanza di indipendenza risulta un altro problema, fondamentale ai fini del riconoscimento del bisogno di assistenza dell’amministratore di sostegno. Ogni problema, anche il più banale, risulta irrisolvibile e porta il soggetto a chiedere l’intervento di terzi. Infine, non si può tacere la perdita della capacità di valutare il denaro: spesso gli anziani affetti da demenza confondono il valore delle lire con quello degli euro (come se mille lire valessero mille euro) e non sono più in grado di valutare beni o servizi offerti nel libero mercato, sottostimandoli, o, molto più spesso, sovrastimandoli.

In tutti questi casi è necessario intervenire prima che il soggetto possa compiere errori involontari ma irreparabili.