Attenzione al precedente fissato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5608/2021!
Nel caso de quo, infatti, un imprenditore si era visto sequestrare, ai fini della successiva confisca, l’unica abitazione a lui intestata, risultante quindi essere “prima casa” del soggetto, a causa di alcune fatturazioni false idonee a configurare un reato tributario.
In giudizio le difese dell’imprenditore si incentravano sull’art. 76 del Dpr 602 del 1973, il quale impedisce all’Autorità tributaria il sequestro della prima casa del sospetto defraudatore del fisco se questa risulta essere l’unica casa di sua proprietà (per questo “prima casa”) e non sia inquadrabile come “immobile di lusso”.
Il soggetto perseguito tuttavia si vedeva rigettate le sue istanza difensive in primo grado e anche dal Tribunale del Riesame.
Dovendo quindi accedere alla Cassazione, otteneva un nuovo diniego, che potrebbe fare scuola.
La Cassazione sancisce, infatti, che il limite che impedisce il sequestro dell’immobile agisce solo se il soggetto potenzialmente defraudato è l’erario statale, e non eventuali altri creditori, come nel caso de quo. Inoltre gli Ermellini distinguono il termine di “prima casa” da quello di “unico immobile di proprietà”; non sempre questi due concetti debbono coincidere.
La non sequestrabilità dell’unico immobile di proprietà, cioè, opera solo nel diritto tributario, e non in quello penale, ove, come in questo caso, i defraudati erano creditori.
In questo caso, nulla impedisce né il sequestro preventivo, né quello per equivalenti. Tale interpretazione, rilevano i Supremi Giudici, si può dire orientata secondo la fondamentale normativa ex art. 2740 c.c. del nostro ordinamento (“il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”).
Quest’ultima sentenza della Cassazione sposta di nuovo l’ago della bilancia in maniera che questa protenda di più a favore dei creditori rispetto al debitore, anche laddove questi possedesse un solo bene immobile.
In precedenza la Corte si era espressa in maniera opposta (Cass. n. 22581/2019 e Cass. n.3011/2017).
In considerazione della delicatezza della materia si auspica un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.