Il cittadino danneggiato dalla mancata applicazione del diritto europeo.

in Diritto Amministrativo

In un precedente articolo, a cui rimandiamo il gentile lettore che ne fosse interessato, abbiamo esposto e illustrato le varie tipologie di atti che ogni giorno vengono emanati dalle Autorità europee.

Oggi affrontiamo un tema più specifico, ovvero la tutela del cittadino dinnanzi all’applicazione, o alla mancata applicazione, di questi atti.

Come detto, infatti, vi sono alcuni atti, ci stiamo riferendo specificamente alle direttive, che non sono direttamente tradotti in normative per lo stato membro che le applica.

Le direttive, infatti, hanno portata individuale (indirizzata ad un singolo stato membro), ma soprattutto non immediatamente vincolante, in quanto indica un obbiettivo che quello Stato deve raggiungere, ma lasciando a questo ultimo la scelta dei mezzi con cui perseguirlo.

E se questo stato manca di applicare le direttive? Come può un cittadino tutelare i suoi diritti, riconosciuti dagli organi UE a vantaggio di tutti i cittadini europei, se lo stato membro a cui appartiene non applica gli indirizzi indicati dalle autorità centrali?

Infatti, se uno stato disapplica la normative europea, immaginiamoci un regolamento, che, come sapiamo, è direttamente applicabile in tutte le sue parti, il cittadino può facilmente rivolgersi alle Autorità europee preposte. Ma se lo stato non disapplica propriamente una normativa europea, la direttiva non è direttamente applicabile, ma semplicemente la ignora, non riempie con i contenuti le indicazioni offerte dall’UE, come può essere tutelato il cittadino?

Con un esempio pratico: l’Unione Europea comunica con direttiva all’Italia che il suo sistema carcerario è lesivo della dignità umana, che deve, quindi essere corretto. Lo Stato, che formalmente accetta l’indicazione, non attua quella normativa necessaria a cambiare la situazione: come può tutelarsi il cittadino che, in carcere, subisce una lesione dei suoi diritti di cittadino europeo?

Questo problema fu risolto nel 1991, con la celebre sentenza Francovich.

La Corte di Giustizia europea stabilì che se una direttiva non viene attuata entro il termine stabilita nella stessa, la sua mancata applicazione è del tutto equiparabile ad una infrazione normativa, con la conseguenza che il cittadino, che da questa mancata applicazione del diritto europeo abbia un danno dimostrato, potrà rivolgersi direttamente ad un giudice nazionale, non europeo, nei confronti del suo Stato di appartenenza, onde trovare un congruo risarcimento.