L’avvocato, ruolo normativa e contribuzione.

in Deontologia Professionale

Quando si parla di “avvocato” si pensa subito ad esperti oratori e fini conoscitori della legge, pronti a difendere chiunque dalle ingiustizie di chiunque altro. In effetti in parte è così, ma non solo.

La professione forense, infatti, è libera professione, nel senso che ogni legale risponde solo al suo cliente e a se stesso. Non importa l’età, o l’inserimento in un grosso studio: l’avvocato dipendente non esiste. Facciamo l’esempio del grosso studio, appunto, che magari porta il nome del fondatore, ma che conta anche diversi collaboratori, praticanti e segretarie.

I collaboratori avvocati non possono essere dipendenti dell’avvocato titolare di Studio semplicemente perché un avvocato iscritto all’Albo, e quindi con tutti i titoli in regola per esercitare, semplicemente non può essere dipendente, nemmeno di un altro avvocato. Così almeno funziona in Italia, a differenza di altre realtà, come quella spagnola per esempio, infatti si è voluti rendere tutti gli avvocati direttamente responsabili, escludendo dunque la figura del “datore di lavoro” quale soggetto con il quale spartire eventuali colpe. Sostanzialmente chi emette fattura su una consulenza è colui che di quella consulenza ne risponde.

La professione forense, inoltre, come accennavamo è legata a un fine sociale, sancito al momento dell’iscrizione all’Albo.

Le fonti statali che regolano la materia sono poche: la Legge del Regno d’Italia n. 1574 del 1933, rinnovata solo nel 2012, con la legge 247, che ha in parte riformato la materia legale e le regole per accedervi. Questa scarsità di normative operate dal legislatore è dovuta agli Organi Professionali, che, nel limite della normativa, regolano la professione. Segnatamente ci riferiamo a:

  • Consiglio dell’Ordine Circondariale: eletto dagli avvocati iscritti, con il compito di promuovere i rapporti tra Ordine, Istituzioni e P.A. (segnatamente la Magistratura), regolamentare, amministrativo, vigilare sulla condotta degli iscritti e risolverne eventuali controversie o problematiche sorte tra assistiti e avvocati. Il Consiglio dell’Ordine provvede anche a perseguire il pareggio di bilancio, curando che vengano versati i contributi annuali e straordinari ad opera di ciascun iscritto, e gestisce il così detto “Sportello per il cittadino”, ove offre consigli su tempistiche, difese d’ufficio, gratuito patrocinio e risoluzioni delle controversie accedendo a riti alternativi a quello giudiziario.
  • Consiglio Nazionale Forense: è un organo giudiziario speciale che giudica sulla normativa applicabile agli avvocati, e in particolare il codice deontologico, che pure redige e aggiorna (essendo anche un organo di autogoverno e amministrativo).

Gli avvocati, come altri professionisti iscritti in specifici albi, inoltre, non sono iscritti all’INPS, che quindi non gli gestisce il sistema pensionistico, bensì hanno una loro cassa, chiamata Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, alla quale gli avvocati esercitanti devono essere obbligatoriamente iscritti (e quindi devono pagarne il contributo annuale).

È questo ente che ha distribuito, dietro finanziamento pubblico, i famosi 600€ agli avvocati bisognosi durante la pandemia (ben un terzo i richiedenti sul totale degli iscritti), portando alla luce dei più la crisi attuale che ha colpito la professione forense, prima conosciuta solo dagli addetti ai lavori.