L’avvocato, come abbiamo detto altre volte, essendo un professionista iscritto all’Albo, è vincolato al dover rispettare il codice deontologico. Di questo una grande parte è destinato al rapporto di colleganza tra legali (il titolo III).
Innanzitutto, per fare causa ad un collega, è necessaria una comunicazione per iscritto contenente il proposito di promuovere l’azione giudiziaria attinente alla professione.
È sempre assolutamente vietato registrare conversazioni tra colleghi o riferire a terze persone il contenuto di un colloquio afferente trattative, in senso lato, orbitanti attorno ad una causa, cessata o in corso.
Anche gli atti denigratori sono fortemente avversati. Nessun avvocato dovrebbe denigrare, malgiudicare, disprezzare un collega: il giudizio negativo riferito ad un collega è declassante per l’intera categoria, una pratica che non può essere accettata.
Per un avvocato, inoltre, è sempre sconveniente contattare direttamente la controparte. Meglio sentirsi tra colleghi, tra avvocati, che sono maggiormente dotati in diritto.
Si vuole preservare l’equilibrio tra le parti, un avvocato che parla direttamente con la controparte, senza passare per il collega, potrebbe essere percepito come colui che compie un atto intimidatorio, vessativo.
Sempre meglio, quindi, ricercare e contattare il collega che rappresenta la cparte avversa in una lite.
È anche fatto divieto agli avvocati di impugnare l’accordo transattivo raggiunto tra le parti. Gli avvocati, infatti, che collaborano al raggiungimento dell’accordo, non possono poi agire contro di esso.
L’unica deroga prevista è quella che emergano fatti nuovi, o prima non conosciuti, in grado di modificare la realtà dei fatti risaputa ai tempi della sottoscrizione dell’accordo.