Anonimato della madre biologica e patologie psichiche

in Diritto di Famiglia

Cassazione, sentenza n. 7093/2022: l’interpello della madre biologica circa la volontà attuale sull’anonimato non può essere effettuato se è affetta da patologia psichica.

Nel caso in cui una donna decida di dare in adozione suo figlio, gli scenari che si possono presentare sono due: la donna, madre biologica, può decidere di non essere nominata e di rimanere anonima (avvalendosi così della facoltà riconosciuta dall’art. 30, c. 1, Dpr 396/2000), oppure può consentire che il figlio lasciato in adozione, al compimento dei 25 anni di età, acceda alle informazioni sulla sua identità.

Il diritto del figlio di conoscere le proprie origini trova perciò ostacolo nel diritto della madre all’anonimato (espresso al momento della nascita).

La Corte Costituzionale, nel 2013, ha analizzato la questione ed ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, c.7 L. 184/1983 nella parte in cui esclude la possibilità di interpello della madre biologica, che dunque potrebbe voler revocare la volontà espressa al momento della nascita circa l’anonimato. Per il giudice delle leggi bisogna verificare attraverso “interpello” la volontà attuale della madre, che può dunque revocare la dichiarazione fatta ad momento del parto e svelare al figlio la propria identità.

Se però, al momento dell’interpello, la madre è incapace per problemi psichici non vi è la possibilità di interpellare la donna e dunque di revocare la volontà di rimanere anonima: il diritto del figlio di conoscere le proprie origini incontra così un limite invalicabile.

È ciò che è successo in un caso recentissimo: un uomo, dato in adozione al momento della nascita, ha chiesto l’interpello della donna che però, in quel momento, era incapace a causa di una malattia psichica. Il caso è stato preso in esame dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 7093/2022, ha stabilito l’impossibilità per la donna di revocare quanto dichiarato al momento del parto e dunque l’impossibilità per il figlio di accedere all’identità della madre biologica.

È interessante il fatto che, nel caso di specie, il figlio affermava che la patologia che rende incapace la madre biologica, fosse di tale gravità da sussistere anche al momento del parto, e dunque al momento della dichiarazione della donna circa la volontà di rimanere anonima. Richieste che comunque sono state rigettate in quanto su tale circostanza il ricorso era carente.

È opportuno evidenziare altresì che, dal 2013 ad oggi, nonostante la Consulta abbia ritenuto opportuno l’intervento del legislatore circa la possibilità di revoca della volontà delle madri biologiche espressa anni prima, non si è ancora legiferato in tal senso.

È però vero che, in assenza di intervento legislativo, non manca una consolidata prassi giurisprudenziale in tal senso. Infatti, di stesso avviso della Consulta sono state, ad esempio, le Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza n. 1946/2017, sottolineano la necessità di garantire la possibilità di procedere ad interpello materno.

Per completare il quadro in materia, si evidenzia che la cartella clinica della madre biologica, la quale contiene i dati personali che consentono di identificare la donna, potranno essere rilasciati a chi ne ha interesse, in copia integrale, una volta decorsi 100 anni dal momento di formazione del documento.

Ancora, per comprendere fino in fondo la questione, è interessante la sentenza n. 22497 del 9 agosto 2021, con la quale la Cassazione ha previsto una “deroga” al diritto di accesso ad alcune informazioni prima che siano trascorsi i 100 anni. In particolare, ha previsto la possibilità di accedere alle sole informazioni sanitarie sulla salute della madre, qualora la finalità sia meramente la tutela della vita o della salute del figlio o di un suo discendente. Il diritto del figlio, però, va sempre contemperato con quello della donna di voler rimanere anonima e perciò le modalità di accesso alle cartelle cliniche della madre saranno tali da tutelare in ogni modo l’anonimato della donna. L’accesso al documento, dunque, non sarà un “accesso indiscriminato” come lo sarà, invece, quello che potrà essere fatto una volta decorsi i 100 anni dal documento.