I padri divorziati devono trascorrere più tempo con i figli.

in Diritto di Famiglia

L’art. 337 ter c.c., al primo comma espone che: “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.” Ovviamente una cosa è la previsione astratta, una cosa ben diversa è l’applicazione della regola nel caso specifico. E, soprattutto, il concetto di “rapporto continuativo ed equo” come può intendersi integrato nella pratica?
Secondo una risalente giurisprudenza è idoneo a identificare tale concetto l’incontro una volta ogni quindici giorni del padre con il figlio, la cui residenza viene, solitamente, collocata presso la madre.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, tuttavia, ha voluto essere più specifica di quanto non lo sia stato il legislatore (ordinanza n. 9764/2019). Tale provvedimento risulta fondato su un parere richiesto dalla stessa Corte Suprema italiana alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Quest’ultima, in considerazione dell’art. 8 della Carta dei diritti dell’Uomo, ha affermato la centralità dei rapporti familiari, per superare il criterio della maternal preference, diffusosi nella prassi in molteplici paesi europei.
La Cassazione, in tal proposito, ha ribadito che le restrizioni al numero di incontri tra genitori separati e figli devono essere specificatamente motivate in quanto, continua l’ordinanza «Esistono garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare.» In definitiva, la Cassazione ha disposto che eventuali restrizioni al diritto di almeno un incontro a settimana, per garantire la frequentazione della prole con i genitori separati, devono essere fondate su specifiche basi e che, queste, devono essere esplicitate nella motivazione dai giudici d merito. Onde evitare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio e uno dei due genitori, a pregiudizio del preminente interesse del minore.
Tale provvedimento della Cassazione si va ad inserire in una giurisprudenza tale da essere diventata quella maggioritaria negli ultimi anni, recepita e condivisa anche da numerosi Tribunali di primo grado.
In quest’ottica si sta inserendo anche il legislatore. Con il discusso disegno legge “Pillon” (atto Senato 735) è previsto, infatti, il totale superamento della maternal preference. La proposta di legge è volta alla modifica in toto dell’art. 337 ter, prevedendo che il figlio minore di una coppia di separati o divorziati debba trascorrere con i genitori tempi “paritetici o equipollenti”. Vero è che una cosa è tutelare il diritto di genitorialità e il diritto del minore di poter frequentare entrambe le sue legittime famiglie di origine, altra cosa è trasformare il minore in un “pacco” che deve essere custodito per un tempo identico presso ciascun genitore, ignorando i suoi bisogni e le sue necessità.