Chat di lavoro e diritto alla disconnessione.

in Diritto del Lavoro

In una società come la nostra, liquidissima da baumaniana memoria, supportata, inoltre, dai mezzi per renderla estremamente plastica ed adattabile, non stupisce che sempre più lavoratori rivendichino un pieno “diritto alla disconnessione”.

Il lavoro di oggi non è solo flessibile riferendosi all’orario lavorativo, spesso nei contratti partime, o nelle turnazioni, in molte imprese addirittura decisi giorno per giorno, in sfregio ad ogni tipo di autodeterminazione e progettazione della vita del lavoratore, ma lo è diventato anche sulle chat, una su tutte Whatsapp.

L’appicazione, diffusa sulla maggior parte di cellulari, permette la creazione di gruppi ove coordinare il lavoro, e ciò può portare a vantaggi aziendali. Ma quando si può sconfinare in una “persecuzione continua” del lavoratore? Il rischio esiste, e non solo sule chat di W.A., ma si pensi anche alle mail o ad altri sistemi comunicativi esistenti sul mercato.

Consideriamo il datore di lavoro titolare di un ristorante che cerchi il colpevole della rottura di un qualsiasi utensile quando se ne accorge, finito l’orario lavoro dei suoi dipendenti, o al datore che ricorda al collaboratore di inviare delle mail al cliente, per portare a termine quella trattativa, ignorando che lo stesso abbia già completato il suo turno di lavoro.

Qui sta il problema: i lavoratori di oggi hanno bisogno di una nuova e penetrante tutela, che li possa salvaguardare da una mercificazione totale anche del tempo libero.

Negli accordi sindacali diverse grandi imprese già si sono mosse in tale direzione. Si pensi al noto istituto di credito Findomestic, che nel CCNL vigente, in accordo con i sondacati, riconosce al di fuori dell’orario di lavoro, strettamente correlato alla mansione e alla struttura di appartenenza, viene riconosciuto il diritto alla disconnessione, ossia la possibilità dei lavoratori di non rispondere alle email e alle telefonate al di fuori del suddetto orario”. Nella stessa direzione anche Unicredit, Barilla, Cattolica Assicurazioni, Banco-Bpm, l’Enel. Il controllo che tali diritti promessi siano poi effettivamente rispettati spetta alla tutela dei sindacati, e, nel caso, a un rappresentante legale. La Legge 81/2017, d’altronde, stabilisce chiaramente “Nel rispetto degli obiettivi concordati e delle relative modalità di esecuzione del lavoro autorizzate dal medico del lavoro, nonché delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche di lavoro senza che questo possa comportare, di per sé, effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

Come in tutte le cose ci vuole buon senso. Ovvio che il messaggio sulla programmazione dei turni settimanali, piuttosto che la richiesta di inviare una comunicazione a un cliente dovrebbe essere adempiuta senza particolari ritrosie dal lavoratore subordinato, ma quando questo diventa un’asillante abuso, allora bisogna sapere che ci si può tutelare.

D’altronde, pretendere che il dipendente abbia uno specifico dovere di rispondere a mail e messaggi anche fuori dell’orario di lavoro, vorrebbe dire riconoscere che lo stesso sia ancora a disposizione del datore e ciò configurerebbe il suo diritto ad un’indennità economica che compensi tale reperibilità (ricostruibile anche ex post, magari dopo la fine del rapporto lavorativo).

Gli straordinari si chiedono, il lavoratore ha il diritto di accettarli o rifiutarli e danno sempre diritto alla relativa retribuzione extra.

Lavorare subordinatamente non vuol dire essere sempre a disposizione.