E se il lavoratore dipendente rifiuta di vaccinarsi?

in Diritto del Lavoro

In questo periodo di forti pressioni sociali, chi pro e chi contro il così detto gree pass, un’altra pietra miliare sulla limitazione della libertà di non vaccinarsi l’ha messa il Tribunale di Modena con l’ordinanza n. 2467 dello scorso 23 luglio.

Il titolare di un’azienda, si legge nel dispositivo, è anche garante della salute dei suoi dipendenti e, in forza dell’art. 2467 c.c., deve adottare tutte le misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori.

Al pari del dover dotare i propri dipendenti di mascherine protettive, gel igienizzante, sanificazione degli spazi, secondo i giudici modenesi è anche suo compito evitare che possano lavorare a contatto stretto con i colleghi, soggetti non vaccinati.

Il caso concreto, che contiene principi che possono ricondursi a portate generale, riguardava due fiseoterapiste impiegate in una R.S.A.

Le due lavoratrici sono state assunte da una cooperativa che le aveva sospese senza stipendio quando avevano dato il loro diniego al vaccino, prima dell’entrata in vigore della Legge 44/2021, che ha imposto l’obbligo agli operatori sanitari alla vaccinazione.

Quindi, quando le donne vennero sospese, la legge non era ancora entrata in vigore, ma ciò nonostante la cooperativa loro datrice aveva già provveduto con la suddetta imposizione. L’impugnazione davanti al Tribunale, come visto, è servita a poco.

La via di soluzione trovata dai giudici è stata la seguente: pur non potendosi punire disciplinarmente il lavoratore dipendente che si sottragga alla vaccinazione, possono sussistere comunque incompatibilità a svolgere la mansione lavorativa. In tal caso la sospensione dal lavoro e dal relativo stipendio, si riconosce misura consona.

In particolare per chi lavora a contatto con il pubblico o in luoghi chiusi o a stretto contatto con i colleghi la volontà di sottrarsi alla vaccinazione potrebbe contrastare con l’idoneità lavorativa.

Il diritto alla libertà di autodeterminazione – conclude il Tribunale– deve essere bilanciato con altri diritti di rilievo costituzionale come la salute dei clienti, degli altri dipendenti e il principio di libera iniziativa economica fissato dall’articolo 41 della Costituzione.”