La raccomandazione tra reato, consiglio e semplice presentazione.

in Diritto Amministrativo

Presentare un valido amico ad un conoscente che cerca lavoro, mettere la “buona parola” su un colloqui è generalmente mal visto dalla popolazione.

Dire ad un soggetto che è un “raccomandato” può integrare il reato di diffamazione, a riprova del senso negativo che la società attribuisce a tele definizione.

Analizzando la questione, in realtà, a determinate condizioni, si può vedere come non ci sia nulla di riprovevole nello spendere una buona parola per un amico o famigliare. Pensiamo al ragazzo valoroso che si metta in contatto con un datore in cerca di manodopera. Se il lavoratore non sarà all’altezza della presentazione, presto questo verrà a galla; il periodo di prova esiste per questo. Trovare lavoro non è difficile per le persone di buona volontà, lo è molto di più riconfermarsi affidabili!

In ogni caso il discorso cambia completamente se ci affacciamo al lavoro pubblico. Qui l’art. 97, comma 4, della Costituzione prevede che “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. I nostri Padri Costituenti avevano pensato ai concorsi come sistema ideale per selezionare i migliori. Ora possiamo disquisire a lungo se sia veramente così o meno ma fatto sta: nella nostra Carta Fondamentale ancora il dispositivo è riportato, vincolantemente.

Non solo può integrare diversi reati il soggetto che cerca di aggirare la procedura concorsuale per entrare nelle file della Pubblica Amministrazione, ma anche chi, abusando della propria posizione, si pensi ad un pubblico ufficiale magari della Guardia di Finanza, spinga per far “entrare” qualcuno a lui caro in un’azienda privata.

La Cassazione, in ogni caso ha chiarito la non punibilità in alcun caso della mera raccomandazione, anche se esagerata o direttamente falsa, se questa non ha un carattere coercitivo. “In tema di abuso di ufficio, la mera “raccomandazione” o “segnalazione”, non costituisce una forma di concorso morale nel reato in assenza di ulteriori comportamenti positivi o coattivi che abbiano efficacia determinante sulla condotta del soggetto qualificato, atteso che la “raccomandazione” non ha di per sè un’efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo, il quale è libero di aderire o meno alla segnalazione secondo il suo personale apprezzamento.” (Cass. 32025/2014).

In definitiva si può definire la “spintarella”, legale quando si limita ad essere presentazione, anche enfatica, consiglio, augurio persino, basta che non diventi in alcun modo una costrizione, basata sulla minaccia, sulla violenza o sullo sfruttamento della sua posizione di un pubblico ufficiale.