Proteggere l’imprenditore subentrante: l’art. 2557 c.c.

in Contratti

Nel nostro paese, il codice civile prevede una tutela per l’imprenditore subentrante a discapito di quello cessionario. Il nuovo imprenditore, infatti, si trova economicamente in una posizione più fragile: non ha il nome, le conoscenze specifiche nel settore, molto spesso non ha un suo pacchetto clienti. Al contrario l’imprenditore che cede, è conosciuto, ha un suo pacchetto clienti (che spesso è il vero valore ceduto) e nel territorio è notoria la sua attività. Cosa succede, dunque se l’imprenditore, dopo aver ceduto la sua attività al subentrante, ne aprisse una analoga, che presumibilmente avrebbe maggiori probabilità di sopravvivere, soprattutto nel breve e medio periodo?

In soccorso al subentrante, che spesso acquista l’impresa a caro prezzo, soccorre il nostro codice civile, segnatamente l’art. 2557 che prescrive: “Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti piu’ ampi di quelli previsti dal comma precedente e’ valido, purche’ non impedisca ogni attivita’ professionale dell’alienante. Esso non puo’ eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. Se nel patto e’ indicata una durata maggiore o la durata non e’ stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento. Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attivita’ ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.

Come si legge, il nostro legislatore ha deciso di contemperare i diritti e i doveri del cedente con quelli del cessionario. Ma tale normativa è derogabile per volontà delle parti? In particolare, se l’acquirente non è interessato al fatto che il cessionario apra altra attività di simile oggetto (magari previo sconto sul prezzo di cessione dell’impresa)?

Per la giurisprudenza la risposta è affermativa, a patto che il mancato rispetto del divieto di concorrenza non leda la parte debole, cioè il subentrante. Così Cass 10062/2008 In tema di cessione d’azienda, il divieto di concorrenza, posto a carico dell’alienante dall’art. 2557, primo comma, c.c., non persegue un interesse pubblico, trattandosi di una norma di natura dispositiva che, prima dell’entrata in vigore della legge 12 agosto 1993, n. 310, con la quale è stato imposto l’obbligo della forma scritta ad probationem ai contratti di trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda, poteva essere derogata anche mediante un patto tacito, desumibile per facta concludentia dalla condotta delle parti.

Quali sono poi i limiti di tale divieto? Quale attività può intraprendere il cessionario, nei primi 5 anni dalla cessione d’azienda? Ovviamente una interpretazione di questo tipo non può che essere demandata all’apprezzamento del giudice, caso per caso. Interessante, però, su questo punto la sentenza della Cassazione n. 16026/2001 Il patto può avere ad oggetto la limitazione o l’esclusione della concorrenza relativamente ad una determinata zona o ad una determinata attività. La limitazione spaziale del patto dev’essere precisamente individuata dallo stesso pena il rischio della sua nullità e in ogni caso le limitazioni non possono privare completamente un soggetto della possibilità di esprimere la propria capacità professionale nell’ambito in cui si svolge la sua attività economica. ”

Infine se la cessione non riguarda l’intera azienda, ma solo una sua quota? Sussiste sempre il divieto di concorrenza, e se si, in quali limiti? Citiamo a tal proposito il Tribunale di Verona che precisa che: “Perche´, con riguardo all’ipotesi della cessione di quote sociali, sia ravvisabile quella sostituzione di un soggetto ad un altro che giustifica l’estensione ad essa del divieto di concorrenza di cui all’art. 2557, comma 1, c.c. è necessario che il socio alienante sia titolare dell’intero capitale sociale, ovvero di una quota di controllo, della società, o, in alternativa, che gestisca quest’ultima uti dominus, esercitando cioè quegli stessi poteri che un imprenditore individuale esercita nella sua impresa.”