Importante decisione, in prospettiva, emessa dal garante della privacy che pochi giorni fa ha pubblicato sul suo sito istituzionale una guida in ambito di diritto alla riservatezza e vaccino.
In attesa di capire meglio come il nostro legislatore introdurrà la vaccinazione possiamo riassumere quanto segue. Ad oggi sembra che questo verrà introdotto a titolo meramente volontario, salvo per alcune categorie di soggetti più esposti al contagio anche gravati da particolari ragioni deontologiche specifiche (medici e sanitari). Non sono, tuttavia, passate inosservate talune proposte, soprattutto provenienti da paesi stranieri, anche comunitari, che vorrebbero rendere obbligatorio il vaccino o comunque introdurre una “patente” per i vaccinati valida a baypassare tutte le restrizioni a cui sono sottoposti, a oggi, tutti i cittadini.
A prescindere da cosa sceglierà il nostro legislatore, la nostra Autorità per la tutela della privacy si è già espressa: il datore di lavoro non potrà richiedere l’avvenuta vaccinazione come atto propedeutico all’assunzione o alla prosecuzione del rapporto di lavoro, se questo fosse già sussistente.
In realtà il garante non è stato così categorico: nella guida si stabilisce che l’unico soggetto che possa richiedere la presenza di tali dati è il medico aziendale, come se, passando da quest’ultimo, la richiesta diventasse legittima.
Il medico potrà così, in totale autonomia, a seconda delle mansioni a cui il lavoratore verrà preposto, dichiarare il lavoratore idoneo o meno a seconda dell’avvenuta vaccinazione.
In caso di inidoneità dichiarata in tale modo il datore di lavoro dovrà cercare di adibire il lavoratore inidoneo ad altra mansione, compatibile con il suo stato sanitario, e se una tale mansione non esistesse in azienda, il licenziamento, o la mancata assunzione, potrà essere del tutto legittima.